A chi appartengono i dati?

Il 9 e 10 giugno si è svolta in versione digitale la Ufi European Conference: uno dei temi chiave è stato quello dell’offerta digitale, affrontato da diverse prospettive, tra cui quella della proprietà dei dati prodotti durante le fiere virtuali. Ma a chi appartengono questi dati?

Ne hanno parlato, durante una interessante panel discussion, i principali fornitori di servizi digitali per il settore delle fiere, Jo-Anne Kelleway (Info salons, gruppo Freeman), Tim Groot (Grip), Tanya Pinchuk (Expoplatform), Baptiste Boulard (Swapcard), Mark Brewster (Explori). Innanzitutto i dati sono di due tipi e sono relativi all’identità (nome, email, azienda, …) e ai comportamenti degli utenti (tempo di permanenza sulla piattaforma digitale, sessioni visitate, espositori contattati, visitatori contattati, …). I dati generati vengono utilizzati per “allenare” gli algoritmi di intelligenza artificiale alla base delle piattaforme al fine di migliorare l’engagement degli utenti. Vi sono approcci diversi da parte dei soggetti coinvolti nel panel alla gestione dei dati prodotti dalle fiere virtuali.

Expoplatform ha sottolineato che il controllo dei dati resta in capo all’organizzatore. Per Swapcard i dati sono di proprietà degli utenti (espositori e visitatori) e quindi la loro cancellazione avviene solo su richiesta degli utenti stessi; inoltre, i dati non sono gestiti in silos separati per ciascuna fiera e i comportamenti di un visitatore a più fiere sono utilizzati per “nutrire” gli algoritmi di tutti gli eventi della piattaforma, indipendentemente da chi sia il loro organizzatore. Questo approccio ha conseguenze importanti: è vero che più dati sono processati, migliore è il funzionamento dell’algoritmo e maggiore è l’engagement sulla piattaforma, ma è anche vero che se un organizzatore decide di abbandonare la piattaforma (perché non vuole più fare fiere virtuali o perché preferisce altre piattaforme) i dati dei suoi utenti non saranno cancellati da Swapcard, a meno che i singoli utenti non decidano di farlo o i dati non arrivino alla naturale scadenza imposta dal GDPR.

Dalla discussione è emerso un consiglio molto pratico: come organizzatori occorre leggere molto attentamente i contratti ed essere consapevoli di quello che accadrà ai dati una volta firmato l’accordo.

Durante un’altra panel discussion che ha visto la partecipazione anche di Adrian Allenby (Reed Exhibitions) e Stephan Forseilles (Easyfairs) è emerso che gli algoritmi per le fiere possono migliorare solo da una raccolta dati che non si limiti al digitale, ma da un mix di fisico e digitale, perché non sempre ciò che succede offline avviene anche offline (ad esempio il networking nello spazio digitale è penalizzato). Altra questione aperta riguarda il potenziale rischio di concorrenza da parte delle piattaforme digital, che stanno raccogliendo moltissimi dati sul settore fieristico e potrebbero trasformarsi in veri e propri organizzatori di fiere in futuro. Secondo i relatori il rischio di concorrenza potrebbe esserci, forse entro 2 anni, ma solo sull’offerta digitale, mentre l’organizzazione di fiere face to face richiede competenze diverse.

Va inoltre ricordato che queste piattaforme stanno raccogliendo ingenti risorse finanziarie da fondi di private equity, che investono perché credono nel modello di business delle piattaforme digitali, in teoria più efficienti delle fiere fisiche. Qualche esempio? Grip, strumento per il networking prima solo face to face e ora anche virtuale e ibrido, ha raccolto 13 milioni $; Hopin, piattaforma di eventi virtuali fondata 2 anni fa, ha appena chiuso un round di finanziamento da 400 milioni $ e ora vale 5,65 miliardi di dollari! NuOrder, marketplace B2B che ha collaborato con Informa nella realizzazione di fiere virtuali di moda, ha raccolto da poco 45 milioni $.

La sessione si è chiusa con una provocazione: cosa accadrebbe se Informa acquisisse una piattaforma digitale? Domanda plausibile visti i numerosi accordi in essere, da Swapcard a NuOrder.

Diario delle fiere nei primi mesi della pandemia

Capitolo 1

Sono passati 8 mesi da quel 21 febbraio 2020, quando per la prima volta si è parlato di Coronavirus in Italia. Dopo una lunga esperienza di lockdown e i primi timidi segnali di ripresa a settembre con la partenza delle fiere del settore moda, il nostro Paese oggi torna nell’incertezza a causa dell’aumento di casi di Covid-19.

Per noi tutti, espositori, organizzatori, visitatori e grande pubblico, è stata una grande emozione assistere all’inizio di Milano Unica a settembre e ritrovare le macchine utensili a BI-MU. Nonostante però il DPCM di lunedì scorso abbia confermato che le manifestazioni fieristiche siano sicure, c’è molta preoccupazione.

I clienti e gli organizzatori di fiere sono piuttosto convinti che il potere del face-to-face è insostituibile e appena la situazione tornerà alla normalità, ci sarà ancora più bisogno di eventi fisici. Inizia però a farsi strada la consapevolezza che ci vorrà del tempo per la ripresa e che la tecnologia avrà un ruolo sempre più importante. Quando torneremo, saremo diversi e il virtuale sarà parte dell’esperienza fieristica.

Da maggio un gruppo di studenti ed ex studenti di Accademia Fiera Milano, centro di formazione di Fondazione Fiera, è entrato a far parte dell’Exhibition Think Tank Club, piattaforma di innovazione fondata da Matthias Tesi Baur di MBB Consulting per unire professionisti ed esperti di tutto il mondo a discutere e ripensare il futuro delle fiere. Durante la sessione estiva, i gruppi di lavoro hanno individuato i migliori esempi di eventi ibridi e/o virtuali. Dalle ricerche è emerso che è ancora troppo presto per parlare di best practice nel mondo fieristico. I principali esempi vengono da altri settori, come Apple Worldwide Developers Conference, il festival di musica elettronica Tomorrowland o, per chi ama i supereroi, il DC FanDome.

APPLE WWDC: Per tutti gli appassionati di Apple, WWDC è dal 2007 un appuntamento immancabile. Si tratta di una conferenza annuale in cui gli ingegneri dell’azienda mostrano i nuovi prodotti e tecnologie agli sviluppatori. Il prezzo del biglietto si è sempre aggirato sui 1500 dollari ma questo non ha fermato le vendite: nel 2013 tutti i 5000 biglietti sono stati venduti nel giro di 2 minuti. Dall’anno successivo Apple ha quindi optato per il sistema delle lotterie. Nel 2020 l’evento si è tenuto per la prima volta online, gratuito e aperto a tutti. L’evento è comunque andato incontro alle aspettative grazie a degli elementi chiave: un sito user-friendly, video pre-registrati e poi trasmessi in diretta, forum per confrontarsi e meeting 1-2-1. Non solo, ogni giorno Apple ha fatto un recap, ha usato la gamification per dare dei “compiti” ai partecipanti con soluzioni condivise il giorno dopo. Il tutto condito da un sapiente uso dei social media, non solo da parte del brand ma anche di figure di spicco dell’azienda.

TOMORROWLAND: Festival della musica elettronica che si svolge in Belgio dal 2005, quest’anno si è spostato in rete con “Tomorrowland – Around The World”. Tra il 25 e il 26 luglio oltre un milione di persone è approdato in una vera e propria isola virtuale. Oltre 60 artisti (pre-registrati) si sono esibiti su 8 palchi, ognuno più vivace e spettacolare dell’altro. Anche per chi non è un fan del genere musicale, questo festival è riuscito a ricreare un a vera e propria esperienza virtuale diversa dalle altre.

DC FANDOME: Una convention virtuale della durata di 8 ore organizzata da DC Comics e Warner Bros per annunciare i prossimi film, telefilm, giochi e fumetti. La chiave di successo dell’evento è stata la creazione di un format diverso dalle solite chiamate di Zoom: sessioni brevi intervallate da sketch divertenti. I video erano probabilmente pre-registrati su un palco con tanto di green screen, senza i problemi tecnici e la bassa qualità di una diretta.

Nel mondo fieristico cominciamo a vedere i primi esperimenti digitali. Già a fine maggio, Informa aveva annunciato la collaborazione con la piattaforma e-commerce NUOrder per ospitare la “più grande fiera virtuale del settore moda”. Un altro esempio è quello di Miart, la cui collaborazione con Artshell ha prodotto con successo la prima edizione completamente digitale della fiera. Pitti Immagine ha lanciato a partire da luglio Pitti Connect, piattaforma digitale disegnata dall’agenzia The Big Now e sviluppata grazie alla collaborazione con la società Openmind. Ad ottobre è tornata la seconda edizione di WeCosmoprof, la versione digitale di Cosmoprof Worldwide show, un vero e proprio ecosistema di matching tra aziende e compratori nato dalla partnership con Alibaba.com, Born e Needl. La prossima edizione del Consumer Electronics Show sarà interamente digitale e l’associazione CTA ha scelto Microsoft come digital partner.

Per adesso le fiere stanno soprattutto investendo sull’implementazione di piattaforme virtuali, principalmente in collaborazione con grandi partner digitali, ed è ancora presto per parlare di vere e proprie fiere ibride o blended. Un esempio di questo tipo viene da Hopwine, fiera del vino francese che unisce all’appuntamento virtuale la spedizione di campioncini di vino per la degustazione.

Non esiste un modo giusto o sbagliato di creare eventi digitali perché in questo momento siamo tutti delle startup che stanno sperimentando. Con ogni probabilità il modello di business delle fiere cambierà e quando il virus non sarà più un problema le fiere non potranno fare a meno della parte virtuale, che diventerà uno strumento di marketing.

Quali sono però le lezioni che dobbiamo tenere a mente prima di avventurarci nel multiverso?

FOCUS: chi frequenta le fiere ha due obiettivi principali, vedere cose nuove e fare networking. Quando creiamo un evento digitale non dobbiamo perdere di vista questi due punti per poter creare delle piattaforme semplici. Creare un prodotto che tutti riescano ad usare e che sia ricco di contenuti ci permetterà di ampliare ulteriormente il nostro target, iniziando un processo di democratizzazione delle fiere, finalmente raggiungibili per chi è lontano o ha problemi di budget.

INTERAZIONE: per costruire un evento ibrido sarà essenziale riprendere in mano il customer journey di visitatori ed espositori. Sarà ancora più importante raccogliere dati e capire quali siano i comportamenti degli utenti e quali siano i touch point su cui lavorare. Soprattutto, l’errore che bisognerà evitare è quello di ricreare le logiche del mondo fisico in quello virtuale. Un esempio da tenere in mente è quello del retail, per cui le due esperienze di acquisto online e offline sono completamente diverse ma sempre più integrate in un flusso continuo ed unico.

ESPERIENZA: come saranno le fiere del futuro? Con ogni probabilità saranno eventi focalizzati con esperienze più verticali. Il valore di un evento non si baserà sulle folle o sui metri quadrati venduti ma sul numero di lead creati. Il matchmaking e la creazione di contenuti saranno al centro dell’esperienza fieristica.

RELAZIONE: il know how delle fiere nel creare momenti di networking ha una storia centenaria ma la creazione di una piattaforma digitale di successo è garantita dalla collaborazione con i giusti partner. Abbiamo visto come i principali player del mondo fieristico si stanno muovendo con partner digitali e del retail per unire le forze e creare un prodotto che sia piacevole ed efficace.

EDUCAZIONE: il mondo è cambiato moltissimo nel giro di qualche mese. In poco tempo abbiamo imparato a fare riunioni più brevi online, a indossare sempre la mascherina e ad apprezzare lo smart working. Comportamenti che nel 2019 non erano nel nostro radar ora fanno parte della nostra quotidianità. Abbiamo però ancora più bisogno di educazione. Dovremo educare gli speaker ad essere efficaci online, dovremo educare i visitatori e gli espositori ad interagire in maniera diversa con le fiere. Soprattutto dovremo educare noi stessi, gli organizzatori, a pensare in maniera diversa, a rivalutare il nostro modello di business e trovare nuovi modi di creare valore.

Questo momento storico è complicato per l’economia globale, e per le fiere e gli eventi in particolare. Però ogni momento di crisi è anche opportunità. Di creare, cambiare e soprattutto di sbagliare.

Con le giuste collaborazioni e con lo spirito di una start up possiamo creare qualcosa di nuovo e più bello di prima.

Future proof exhibitions

La sfida è di grande portata: come rendere le fiere “a prova di futuro”?

Cosa possiamo fare per rispondere ai bisogni in trasformazione di una nuova generazione di utenti che si affaccia sul mercato? Come affrontare le sfide che derivano da una concorrenza che non necessariamente proviene dal mondo fieristico? Cosa possiamo fare per rendere sicuri i luoghi in cui si incontrano moltissime persone? Come sopravvivere e prosperare in un contesto che vede sfumare i confini trai format mentre è in atto un processo di consolidamento?

A queste domande cercherà di dare delle risposte il prossimo convegno UFI, che si svolgerà a Verona dal 2 al 4 maggio. Il programma è ricco di spunti, sia di ampio respiro e strategici, che pratici e operativi. Si parlerà di digital disruption, intelligenza artificiale, realtà virtuale e realtà aumentata, ma anche di sicurezza. Uno dei relatori è Eddie Choi, che è stato protagonista di Exhibitionist alcuni anni fa: Eddie calerà il tema centrale del convegno all’interno della cultura aziendale, perché la gestione delle risorse umane è il primo passo per realizzare fiere “a prova di futuro”.

Se volete partecipare siete ancora in tempo: la registrazione è aperta sia agli iscritti che ai non iscritti a UFI. Per maggiori informazioni, dettagli e costi vi suggerisco di visitare il sito UFI. 

Ci vediamo a Verona!

Non è tutto oro quello che luccica, prepariamoci per il futuro

Baselworld è sempre stata la fiera per il settore dell’orologeria e della gioielleria: i più importanti produttori spendevano milioni per essere presenti con stand scenografici, i visitatori accorrevano per vedere le ultime novità e fare acquisti, la fiera di Basilea chiamava gli architetti dello studio Herzog & de Meuron per ricostruire un padiglione che diventasse non solo la “casa” di Baselworld, ma un nuovo landmark della città.

E poi? Poi Baselworld ha iniziato a percorrere una strada in salita: un mercato in contrazione, imprevedibili comportamenti di acquisto, l’irrompere dell’online, una revisione drastica delle strategie di comunicazione e marketing delle aziende espositrici. Così gli organizzatori si sono ritrovati di fronte a un netto calo degli espositori (dimezzati nel giro di 2 edizioni). Perché? Alcuni preferiscono puntare su eventi aziendali per parlare con i propri distributori, e sull’online per entrare in contatto con il consumatore finale (Movado spendeva 10 milioni di dollari per partecipare a Baselworld, quest’anno ha organizzato un suo evento a Davos spendendo “solo” 2 milioni). Altri sostengono che Baselworld è troppo costosa e che gli ordini non si fanno più tra gli stand, a differenza di quello che avveniva in passato.

Altri non abbandonano lo strumento fiera in sé, semplicemente passano alla concorrenza. Nello specifico la concorrenza è rappresentata da SIHH, il Salone dell’Alta Orologeria di Ginevra, che però non è una vera e propria fiera, ma un grande evento corporate organizzato dal brand del lusso Richemont. Solo che ultimamente Richemont sta accogliendo alcuni transfughi di Baselworld, aziende che cercano una fiera con un posizionamento più chiaro, un pubblico di altissimo livello e super selezionato (si entra solo su invito), con un’apertura al pubblico generico per un solo giorno, mentre a Baselworld è sempre possibile accedere.

Per un racconto dettagliato consiglio la lettura di questo articolo.

Possiamo trarre spunti da quello che sta accadendo a Baselworld ? La nuova concorrenza, i diversi comportanti di acquisto, la disintermediazione guidata dall’online sono destinati a trasformare tutti noi? Ricordate Porter e le cinque forze competitive ? siamo nell’era dei nuovi entranti. Facciamocene una ragione.

L’inarrestabile corsa del web

Prometeia ha pubblicato un’analisi sull’andamento dell’e-commerce in Italia, che in qualche modo si ricollega al post su Zalando di 2 settimane fa. Negli ultimi 5 anni il fatturato delle imprese di e-commerce in Italia è aumentato a tassi di crescita più che doppi rispetto al fatturato delle imprese del dettaglio di beni di consumo, trascinato da convenienza di prezzo, migliore dotazione tecnologica delle famiglie italiane e aumento della propensione ad acquistare online.

Prometeia
Fatturato – variazione % a prezzi correnti

L’accesso a Internet e alla banda larga sono cresciuti: ora poco meno del 70% delle famiglie ha una connessione da casa e anche la diffusione della banda larga è poco distante (67% delle famiglie italiane). Ci sono margini di miglioramento e gli analisti si aspettano un’ulteriore sviluppo dell’e-commerce in Italia spinto da programmi delle istituzioni (Europa 2020 dell’Unione Europea) e dalle strategie delle singole aziende, siano esse grandi player internazionali delle vendite online o operatori tradizionali, che integrano l’offerta online con quella fisica.

L’analisi di Prometeia suggerisce alle imprese del dettaglio tradizionale di accelerare sulla digitalizzazione per migliorare le performance, ma i piccoli e piccolissimi come possono fare? Nel loro processo saranno aiutati da Zalando che, come scriviamo nel post precedente , sta facendo dei progetti pilota per integrare negozi fisici usando una digitalizzazione semplificata ma in linea con gli standard tecnologici dei negozianti?

Potete leggere qui l’analisi di Prometeia.

Se le fiere sono un laboratorio

Le fiere servono agli espositori a raggiungere molti obiettivi: vendere, incontrare clienti attuali e potenziali, ottenere visibilità, entrare in nuovi mercati, testare i prodotti e le campagne di marketing per capire la reazione dei visitatori.

Cosa succede se un’intera fiera è usata per testare le reazioni dei visitatori? I fondatori di Zalando hanno definito Bread&Butter un testing ground e stanno usando questo laboratorio per osservare l’interazione tra i brand e i consumatori finali nel mondo reale, sperimentare e rendere gli store fisici dei brand partner più esperienziali, creare contenuti che vengono trasmessi sulla piattaforma web di Zalando (la fiera ha avuto 20.000 visitatori a Berlino e 6 milioni di visualizzazioni sul web).

Le fiere garantiscono quell’esperienza e quell’interazione che il web non può offrire, e per questo uno dei maggiori player mondiali dell’e-commerce ha scelto di acquistarne una. Certo che il nuovo modo di “fare fiere” di Zalando può sembrare destabilizzante: ad esempio misura il successo di Bread & Butter non in termini di vendite (di prodotti o di spazi), ma di reach e impression, che sono parametri di digital marketing puro. Inoltre Zalando vuole connettere (nel mondo fisico e in quello digitale) l’intero sistema moda e ha gli strumenti per farlo o li sta sviluppando: penso ai Partner Programme per i grandi brand o ai progetti pilota per coinvolgere i negozi fisici nella consegna degli ordini. Che effetti avrà sul sistema fieristico questo cambio di prospettive?

Per leggere l’intera intervista cliccate qui.

Amazon spaventa l’e-commerce moda

Amazon spaventa un po’ tutti: la distribuzione tradizionale ma anche i cosiddetti e-tailer specializzati, come ad esempio nel settore moda.

Un articolo di Pambianconews riporta i risultati della ricerca di Credit Suisse che analizza le performance dei 3 tre e-tailer leader (Asos, Zalando e Yoox Net-A-Porter) e, in parallelo, l’attività di Amazon nel settore: la creazione della sezione Amazon Fashion e la nascita di un team dedicato, con nomi di spessore, e di format originali. Insomma, sembra che il colosso di Seattle stia investendo in contenuti, oltre che in logistica, dove già può dire la sua e influenzare il mercato.

Cosa suggerisce Credit Suisse agli e-tailer? Di investire in partnership con eventi di settore, di creare app moda dedicate, investire sui brand propri e creare contenuti ad hoc per la moda.

Sembra che Zalando sia sulla buona strada: tanto per iniziare ha comprato Bread&Butter e l’ha rivoltata come un calzino, sembra anche con successo, poi ha lanciato una piattaforma che mette in contatto i brand che vogliono sviluppare campagne con influencer (ossia blogger), che vengono definiti “content creator”. Insomma Zalando non è più solo un intermediario tra chi vende e chi compra ma un creatore di contenuti, potenzialmente in grado di influenzare le tendenze.

La guerra del commercio online sembra senza esclusione di colpi e coinvolge inevitabilmente altri attori della filiera come le fiere: come reagire a queste incursioni nel campo dell’organizzazione di manifestazioni? Altri e-tailer seguiranno le orme di Zalando? Siamo pronti ad affrontare una concorrenza che si muove con logiche diverse da quelle a cui siamo abituati?

Se volete leggere la notizia sul sito Pambianco cliccate qui.

Un nuovo inizio per Bread&Butter

Inizia a settembre una nuova fase di Bread&Butter, la fiera di urbanwear e streetwear che negli ultimi mesi ha vissuto non poche peripezie e che è stata acquistata da Zalando, il gigante tedesco dell’e-commerce. Cambiano date (dal 2 al 4 settembre), sede (Arena Berlin) e visitatori (non più esclusivamente B2B ma B2C): i consumatori potranno acquistare in fiera i prodotti della collezione autunno/inverno e saranno parte di un evento che comprenderà anche show interattivi e performance musicali.

L’obiettivo dichiarato è coinvolgere i consumatori, invitandoli a far parte di un mondo da cui sono sempre stati esclusi: sembra un riferimento a quanto sta accadendo alle sfilate, che stanno rivedendo le tempistiche per ridurre il tradizionale divario tra presentazione delle collezioni e disponibilità nei negozi.

Al momento 25 marchi hanno aderito a Bread&Butter by Zalando: scopriremo nei prossimi mesi i risultati di questo cambiamento, intanto se volete potete trovare qui la dichiarazione degli organizzatori.

 

The Challenge of Change

Dal 20 al 22 giugno si sono svolti a Basilea i seminari europei UFI per discutere “The challenge of change”, con focus in particolare su digitalizzazione, trasformazione del business e sicurezza. Abbiamo ascoltato le prospettive di esperti in marketing digitale, studi sociali e comportamentali, innovazione, oltre che di professionisti del nostro settore, che hanno condiviso le loro esperienze.

Come si possono sintetizzare queste giornate? Secondo me le parole chiave sono: innovazione, concorrenza, collaborazione, contenuti. “Innova o muori” ci ha detto Bernd Heinrichs, responsabile degli Innovation Center di Cisco in EMEAR (Europa, Medio Oriente, Africa e Russia), perché la concorrenza può arrivare in modo inatteso, da player di settori diversi: ad esempio McLaren, dopo aver accumulato esperienza nella lettura e interpretazione in tempo reale dei dati durante le gare di Formula 1, ha deciso di capitalizzare le competenze acquisite trasformandosi in fornitore di soluzioni per la gestione e l’analisi dei dati.

La collaborazione e il coinvolgimento sono essenziali per produrre risultati positivi: collaborazione con i partner, gli espositori, i visitatori, gli stakeholder. La comprensione delle necessità degli interlocutori diventa la chiave di volta, come ci ha ricordato Andreas Stammnitz, che dall’editoria ha vissuto in prima persona la trasformazione digitale. Infine, come è stato ribadito più volte, anche da Stephan Peyer, direttore sviluppo di MCH Group, “content is king”: il contenuto deve essere al centro dell’offerta, live o ditale che sia, e la comprensione dei meccanismi di funzionamento del settore a cui appartiene la fiera deve guidare le decisioni, perché non esiste una soluzione unica per tutti i problemi.

 

 

Bread & Butter by Zalando

A volte ritornano e cambiano pelle. Questo è l’obiettivo degli organizzatori di Bread & Butter by Zalando, la fiera che negli ultimi mesi ha vissuto di tutto: dai libri in tribunale all’acquisizione da parte del colosso tedesco dell’e-commerce, per finire con l’annuncio della sospensione perché la sede che aveva sempre ospitato la manifestazione non era temporaneamente disponibile a causa dell’emergenza profughi.

E’ stato annunciato che Bread & Butter si farà, ma non sarà più la stessa cosa: sarà a settembre, in una nuova sede (Arena Berlin) e un nuovo format: sarà una fiera aperta ai consumatori, che potranno vedere le ultime innovazioni del settore fashion, sfilate interattive, assistere a concerti e partecipare a una conferenza sul futuro digitale dell’industria della moda. Ah, si potrà anche fare shopping!!

Oltre alle innovazioni e alle tendenze moda presentate, il vero tema caldo sarà la convergenza di online e offline, un punto fermo per gli organizzatori: Bread & Butter sarà un laboratorio per capire se fiere e e-commerce funzionano bene insieme?

Per leggere il pezzo sul blog di Zalando cliccate qui mentre se volete fare un ripasso delle puntate precedenti cliccate sul post di blogofiere di giugno.